I Tortelli Guastallesi

Tortelli di zucca o tortelli verdi? Ecco il dilemma della tradizione culinaria emiliana nei primi piatti non in brodo.

Per rispondere al quesito basta andare all’Osteria del Principe durante Piante e Animali Perduti e chiunque troverà una riposta molto convincente. Dietro Palazzo Ducale di Guastalla, a lato dell’area verde, l’Osteria del Principe accoglie locali e turisti offrendo un bel mix di proposte per palati fini.

Ma ora ci fermeremo sul primo piatto prima citato, fiore all’occhiello del menu. Sì, perché il mondo dei tortelli in cucina attraversa gran parte dell’Italia con varianti anche importanti e con gusti differenti. Qui da noi i tortelli si mangiano all’emiliana ma, questa è forse la novità principale, durante Piante e Animali Perduti trovi i tortelli alla guastallese.

Cosa c’è di diverso?

In primis la forma, quindi è l’aspetto che fa la differenza.

Questione di forma

Infatti la tradizione guastallese vuole che i tortelli, indipendentemente dal ripieno, debbano avere la forma di un grosso e largo cappelletto. Com’è chiaro si tratta di sembianze ben diverse da quelle dei tortelli ormai divenuti comuni ovunque, di taglio rettangolare su pasta piatta, tagliata a dentelli con la speronella: quella sorta di sottili mattoncini con il solo rigonfio centrale dovuto al ripieno.

Si badi che la forma piatta, più pratica e veloce per chi li deve preparare, sta contagiando le cucine un po’ ovunque tanto che persino a Guastalla sta divenendo dominante nella generale tendenza a uniformarsi a uno standard industriale. Tutt’attorno alla cittadina fluviale il problema non si pone perché la tradizione già da tempo ha imposto il tortello piatto che si prepara così da generazioni.

La tradizione dei Tortelli di Guastalla

Guastalla però ancora resiste con la sua antica forma del tortello, almeno dove le vecchie rasdore hanno passato la mano (anzi entrambe le mani) trasmettendo gli elementi fondanti della ricetta dei tortelli e insegnando la manualità nel crearli dalla pasta cruda. Già perché preparare il tortello a cappelletto non è da tutti, serve aver appreso il segreto e aver affinato la tecnica per riprodurre quella sorta di copricapo che, dato non da poco, raccoglie più ripieno della versione piatta.

Si sa che nella Bassa del Po la tradizione delle casalinghe ha creato varianti. Si veda per esempio nella Bassa mantovana dove il tortello ha forma di una lunga caramella con le due estremità ritorte per chiuderlo. Ma non deve stupire trovare altrove anche forme a mezzaluna, quadrate o addirittura tonde o, perdonate l’ardire, persino triangolari. Con dentelli o senza. E come non ricordare altre varianti di forma che ben difficilmente separano il mondo dei tortelli da quello dei ravioli che sono, invece, altra cosa? Ecco quindi che i tortelli diventano da qualche parte, piegati in tondo e col buco al centro, delle corone, oppure una sorta di bandana, oppure ancora variabili montagnole di pasta ripiena.

No, il tortello tipico guastallese è un cappello a falde (più o meno ampie a seconda della mano di chi li taglia prima di chiuderli), quindi un grosso cappelletto con al centro un generoso cuore pieno di bontà dolce (zucca, e che sia buona!) o più sapido di aroma vegetale (verde).

Bene. Se quindi i tortelli piatti (buoni, per carità) li trovi ormai ovunque e persino al supermercato, se sei alla ricerca di un sapore impreziosito dalla consistenza della pasta sfoglia ripiena che in bocca avvolge il palato anche grazie alla forma deliziosa, allora devi venire a Piante e Animali Perduti e ordinare all’Osteria del Principe i Tortelli di Guastalla.

L’abbiamo detto: i ripieni sono due, aborrite le tante varianti di moda, gialli con la zucca e verdi con le erbette.

Il condimento? Anche qui le varianti si sprecano ma su questo i tortelli guastallesi possono essere di manica larga e tollerano fin troppo bene sia il burro, salvia e formaggio che il soffritto, quest’ultimo “la morte sua” per quelli di zucca. All’Osteria li serviranno però solo nel primo modo, adatto a più ampi palati.

E se i ripieni sono coperti dal segreto più gelosamente custodito in ogni buona cucina casalinga e in ogni ristorante che si rispetti, è proprio la forma a regalare la sorpresa maggiore perché i tortelli guastallesi non temono confronti nel saper raccogliere e nascondere nelle loro tante e variabili intercapedini, pieghe e anfratti “pastosi”, il sugo di condimento che lì s’insinua. Avviene così che i tortelli regalano con sapida pazienza tutto il loro gusto che solo in quel modo può diventare triplice goduria: una miscela di perfetto sapore di buona pasta sfoglia che si fonde con il condimento e con il sapido e glorioso ripieno. Serviti con una spolverata di Parmigiano Reggiano di 36 mesi, naturalmente.

Piante e Animali Perduti è una delle poche occasioni per mangiare i Tortelli di Guastalla al di fuori delle cucine dei pochi eletti della cittadina rivierasca del Po. Non sprecarla!

 

Nella foto i Tortelli verdi di Guastalla con burro e salvia

Articolo e foto di Daniele Daolio