Il convegno dell’Associazione RARE accompagna il programma annuale di Piante e Animali Perduti fin dagli inizi.
Anche per il 2019 il programma sarà dedicato a interventi di specialisti nazionali sul tema delle razze rurali a rischio di estinzione e nel dettaglio verrà reso pubblico in seguito.
Nel frattempo vogliamo segnalare tra i vari argomenti, tutti interessanti, una selezione di tre argomenti, che possono solleticare l’attenzione non solo di chi è attento alla salvaguardia delle razze rurali. Infatti il cuore di questi interventi tocca gli straordinari prodotti caseari che, di quelle razze, sono felice e gustosa derivazione.
A questo proposito, Antonio Contessa affronterà l’argomento delle
Razze autoctone e i formaggi tipici del promontorio garganico
L’allevamento allo stato brado e o semibrado, è presente sull’intero territorio della provincia di Foggia e particolarmente nell’area del Gargano che si conferma il territorio della provincia maggiormente interessato da questa attività zootecnica dove si allevano due importanti razze autoctone: la Podolica e la capra Garganica.
Alcuni di questi insediamenti sono allevamenti misti, nei quali prevalgono i bovini e i caprini, e si concentrano in tali territori per sfruttare aree agricole marginali poco adatte per un’agricoltura di tipo intensiva.
La conduzione è di tipo diretto e familiare anche se sempre più vanno diffondendosi aziende zootecniche di una certa dimensione, connotate da una maggiore imprenditorialità. Ciò dipende dalle mutate necessità dei mercati e da nuove regole comunitarie, nazionali e regionali, in materia di igiene e sanità delle produzioni lattiero casearie.
A questo nuovo scenario, inoltre, si aggiungono l’esigenza e la maggior attenzione dei consumatori, alla propria alimentazione; consapevoli dell’importanza che quest’ultima assume, in relazione alla propria salute e quindi ad un maggiore interesse alla sicurezza del cibo ed alla certezza della sua origine.
Da ultimo il favore che riscuotono i prodotti tipici, tra questi i formaggi e nello specifico il Caciocavallo Podolico e il Cacioricotta di capra garganica.
La modalità antica e particolare di caseificazione è unica nel suo genere, ma la sua nascita come prodotto tipico e di qualità è senz’altro da ricollegare anche a pratici accorgimenti di natura igienico-sanitaria.
Di fatto possiamo ritenere che la provenienza del latte crudo e il trattamento termico a cui viene sottoposto prima di essere cagliato, offre le migliori garanzie di salubrità e conservazione nel tempo del prodotto rispetto al passato.
La maggiore produzione del Caciocavallo Podolico Garganico e del Cacioricotta in determinati periodi dell’anno, stagione primaverile e autunnale, è senz’altro legato al ciclo riproduttivo della razza bovina Podolica e soprattutto della razza caprina Garganica.
Questi prodotti caseari caratterizzano il territorio e la sua gente; qualcuno dopo aver soggiornato in Puglia ha scritto – Il caciocavallo: “vanto e ricchezza delle Puglia, il migliore e forse l’unico tipo di formaggio possibile nelle condizioni in cui si svolge il caseificio meridionale, semplice nella fabbricazione, facile nella conservazione, non soggetto ad avarie con una quota di scarto minima o nulla, ottenibile in tutte le stagioni con mezzi semplici, poco costosi, poco ingombranti”.
Riccardo Fortina e Sonia Tassone entreranno nel merito delle:
Produzioni casearie tradizionali delle razze autoctone piemontesi
Da Bra a Castelmagno, a Murazzano, a Roccaverano sono tanti i luoghi dove vengono prodotti formaggi DOP in Piemonte, Regione dalle grandi tradizioni di allevamento e di produzione di formaggi. Accanto a quelli più noti a livello nazionale e internazionale, ci sono anche formaggi prodotti con il latte di razze a limitata diffusione, che oggi sono ancora poco noti, se non addirittura sconosciuti al di fuori del ristretto territorio di produzione.
Uno di questi è, il Montebore, delle zone appenniniche della provincia di Alessandria: una vera reliquia, così come la razza dal cui latte viene prodotto, la Tortonese (o Varzese, o Ottonese, a seconda del territorio di allevamento). Anche se di un formaggio non si può dire che possa essere “salvato dall’estinzione”, il caso del Montebore è emblematico.
Nessuno, infatti, ricordava più il processo di caseificazione di questo formaggio se non una anziana signora dell’alessandrino, grazie alla quale è stato possibile tornare a produrre il vero Montebore di Tortonese dalla caratteristica forma di piramide circolare a tre strati sovrapposti.
Di tutt’altra origine e area di produzione è la Toma del Maccagno, che prende il nome dall’omonimo alpeggio biellese e prodotta con il latte della razza bovina autoctona Pezzata Rossa di Oropa. Il Maccagno era prodotto originariamente nelle valli a est di Biella, e poi si diffuse in tutta la provincia . Era il formaggio prediletto dalla regina Margherita di Savoia e da Quintino Sella, ministro del regno d’Italia e fondatore del Club Alpino Italiano.
Sempre con il latte della razza Pezzata Rossa di Oropa (o “razzetta”, come veniva definita un tempo) si ottengono formaggi diversi e quasi sconosciuti al di fuori dalla provincia di Biella, come la Toma brusca o Gratin (toma acida), fatta con latte naturalmente acidificato, o il Tomino di Sordevolo, di consistenza gelatinosa e veduto in caratteristiche fuscelle da consumarsi freschissimo o insaporito con olio, aceto e spezie (il “frachet”), o con aglio e peperoncino (il “sancarlin”).
Molti altri ancora sono i formaggi poco noti del Piemonte; quelli ufficialmente riconosciuti, tra DOP e PAT, sono 69. Ma crediamo siano di più: ogni allevatore e ogni casaro ha sempre una ricetta segreta per un formaggio “speciale”.
Stefano Simonella invece parlerà delle
Razze autoctone e formaggi tradizionali della Sicilia
Un binomio importante per la zootecnia in Sicilia, con diversi esempi di formaggi storici tra cui il Ragusano, la Provola dei Nebrodi, il Piacentino Ennese, il Pecorino Siciliano, la Vastedda del Belice, per citare alcune DOP, senza dimenticare il Maiorchino, il caciocavallo palermitano, ed altri formaggi tradizionali.
Storicamente elemento di valorizzazione e difesa delle razze autoctone dal cui latte venivano ottenuti, i formaggi tradizionali, e più in generale il settore lattiero-caseario siciliano, stanno attraversando un periodo di difficoltà, presenti sul mercato con prezzi al dettaglio inferiori ai prodotti di importazione, spesso di qualità inferiore.
Progetto di salvaguardia di razze animali autoctone e delle loro produzioni tradizionali, i formaggi DOP/IGP hanno rappresentato il migliore modello di sviluppo locale per le aree rurali siciliane. Indubbia la necessità di valorizzare meglio le attuali DOP, ma anche il sostegno ad una politica di promozione delle eccellenze casearie attraverso l’ottenimento di marchi di qualità.
Un focus specifico viene dedicato alla Denominazione di Origine Protetta di più recente riconoscimento (Provola dei Nebrodi), alla filiera tipica che vede la trasformazione del latte crudo presso l’azienda agricola di produzione, alle condizioni produttive delle realtà zootecniche ed ai possibili interventi per lo sviluppo del settore lattiero-caseario e del mondo rurale, quale elemento trainante per la tutela del patrimonio zootecnico autoctono.
In futuro, specifica attenzione dovrebbe essere posta nei confronti delle produzioni tradizionali, in particolare DOP/IGP, sia da parte dei produttori, anche in termini di distribuzione e marketing, sia dei consumatori nella ricerca della qualità al momento dell’acquisto.
Le prospettive vedono un mercato sempre più globale, in cui l’organizzazione e la distribuzione di prodotti con adeguata immagine e certificazione rappresenta elemento essenziale per restare competitivi. Non si può improvvisare, il mondo rurale deve autorigenerarsi valorizzando al meglio razze autoctone e formaggi tradizionali, il legame di questi con il territorio di origine e sviluppando capacità imprenditoriali che lo rendano competitivo.
Le considerazioni conclusive offrono uno spunto di riflessione sul ruolo delle produzioni zootecniche delle aree marginali, sui programmi di integrazione tra le comunità rurali e quelle urbane, ed infine sulla qualificazione e strategie di marketing delle produzioni lattiero-casearie tradizionali che coinvolgono le razze autoctone.